Associazione Eleonora Pimentel “La Tela del Mediterraneo” Saperi e diritti del mediterraneo ed euromediterraneo verso la costruzione di pace Palazzo Serra di Cassano Via Monte di Dio, 14   –    29-30 novembre 2024

            Associazione Eleonora Pimentel “La Tela del Mediterraneo”
Saperi e diritti del mediterraneo ed euromediterraneo verso la costruzione di pace
       Palazzo Serra di Cassano Via Monte di Dio, 14   -    29-30 novembre 2024

Di Pino Cotarelli

Interessante convegno che pone il tema della costruzione di pace al centro dei lavori che si svolgeranno nelle due giornate del 29 e 30 novembre 2024 presso il Palazzo Serra di Cassano, organizzato dalla filosofa Ester Basile presidente della Associazione Eleonora Pimentel “La Tela del Mediterraneo”, con interventi di figure di prestigio del mondo culturale, giornalistico, scientifico, medico e della formazione.

Abbiamo intervistato la presidente Ester Basile

Un prestigioso convegno internazionale, che ripropone il processo di costruzione di pace, che dovrebbe essere primario obiettivo dell’umanità, come è nata l’idea di istituirlo e con quali missioni e obiettivi?

Un convegno che segue a 26 anni di un Progetto LA TELA DEL MEDITERRANEO ideato da me come filosofa dell’Istituto Filosofico e Presidente della Associazione Eleonora Pimentel dal 1996, voluto fortemente dall’avv. Gerardo Marotta nelle lunghe conversazioni nella sua casa. Oggi più che mai dobbiamo adoperarci per la Pace e condividere un futuro di pace fondato su valori di democrazia, interculturalità e convivenza per una nuova cittadinanza. Solo attraverso lo studio possiamo ripensare ad un modello di società con approfondimenti giuridici, storici e filosofici.

Quali sono i punti essenziali che si vogliono evidenziare in questa edizione?

Anche in questo ulteriore appuntamento del 29-30 novembre 2024 in Napoli presso Istituto Filosofico uno dei punti di partenza è rappresentato dalla necessità di uscire fuori da quello che Sayad definisce nazionalismo metodologico (Pepe, 2009) e che si traduce nella scelta di strumenti di ricerca radicati nella visione postcoloniale delle migrazioni e della conseguente produzione discorsiva. Il legame tra colonialismo e migrazioni deve essere preso in considerazione in una riflessione su narrazione e migrazioni proprio perché, come scrive Renate Siebert «non possiamo parlare di immigrazione senza riflettere sul colonialismo perché gran parte delle migrazioni rappresentano una variante del dominio coloniale, sono la sua ombra, e nella struttura stessa di molti processi migratori si perpetua la dimensione coloniale» (Siebert, 2012: 253).

La pace tanto sbandierata, anche se mai conquistata dall’intera umanità, è urlata dai potenti del mondo, ma quanto veramente è voluta?

Il tema della protezione internazionale in una prospettiva di genere non è stato, fino a oggi, oggetto in Italia di particolare attenzione da parte del dibattito teorico, nemmeno nell’ambito della letteratura femminista, che pure si è distinta per la ricchezza delle sue proposte. Le ragioni di questa scarsa attenzione sono molteplici, e vanno certamente contestualizzate in un quadro generale in cui è il tema in sé dell’asilo ad aver trovato una collocazione solo marginale nella letteratura giuridico-filosofica. Per quanto riguarda, poi, la letteratura giuridica su migrazioni e violenza connotata in una dimensione di genere, a partire dalla fine degli anni ’90, il dibattito si è concentrato soprattutto sullo strumento del permesso di soggiorno per protezione sociale previsto dal Testo Unico sull’immigrazione. Questa prospettiva, giustificata dal fatto che la legislazione italiana è stata all’avanguardia anche rispetto al panorama internazionale, continua a influenzare oggi l’approccio al tema, comprimendo spesso, le une sulle altre, le esigenze legate alla protezione internazionale con quelle di protezione sociale. Le donne sono sempre più convinte della necessità di costruire la pace attraverso il Dialogo e la capacità di analisi e di mediazione. Mi chiedi se i potenti del Mondo vogliano la Pace se la volessero realmente non armerebbero nessuno. Il papa ci invita a riflettere ma io sono preoccupata del lavoro dell’ONU nei contesti di guerra.

Numerosi sono i conflitti presenti nel mondo, come quelli Russia-Ucraina e Israele-Hamas, quale può essere un ruolo attivo della donna per favorire il processo di pace?

Un tempo scendevamo in piazza per la difesa dei diritti delle donne e per combattere le ingiustizie, ora siamo preoccupate di instaurare un Dialogo con le nuove generazioni e scendiamo in piazza contro le guerre. I diritti delle donne del Mediterraneo non sono tutti uguali e le stesse non vivono

uguali condizioni. Nel bacino mediterraneo civiltà, culture, tradizioni e ordinamenti giuridici si incrociano intorno alla donna, fanno sintesi, confliggono. Francia, Spagna, Italia hanno fatto passi in avanti nell’emancipazione della donna, pur persistendo forti retaggi culturali, soprattutto in Italia. I Paesi dell’Est della zona adriatica sono usciti da un’economia collettivistica e dalla negazione di parte dei diritti di libertà che apparentemente li rendeva tutti uguali che dopo il crollo del muro di Berlino ha portato la donna a diventare merce da vendere. Le donne in Egitto, piuttosto che in Algeria o Marocco, così come le donne che hanno lasciato questi paesi per emigrare in Europa, sono oggi espressione paradigmatica di quell’ampio dibattito sui diritti umani all’interno del quale si giocano le interconnessioni e i conflitti tra locale e globale, si giustificano e si fanno guerre, si rivendicano identità oppositive e contrastanti. D’altronde come Seyla Benhabib scrive: “Da quando le società e le culture umane hanno interagito e si sono confrontate tra loro, la condizione delle donne e dei bambini e dei rituali del sesso, del matrimonio e della morte hanno occupato un posto speciale nelle interpretazioni interculturali”.

Anna Foa impegnata sul fronte della memoria, che ai giovani sembra non interessare, troppo distratti da obiettivi illusori?

Anna Foa, un esempio per tutte noi, una storica di alto livello che oggi ci porta per mano a leggere il suo nuovo libro IL SUICIDIO DI ISRAELE. Attraverso i suoi scritti si rispecchia la storia dell’Europa, un esempio per i giovani che devono studiare la storia e capire le origini dei conflitti.

Maria Montessori nota per il suo metodo educativo e per l’impegno nell’emancipazione femminile, tra le prime donne a laurearsi in medicina, può ancora rappresentare un esempio per le giovani donne moderne?

Montessori è stata ambasciatrice di pace e più volte proposta per il Nobel. Si interessò dopo la laurea in medicina al movimento femminista ed entrò a far parte della associazione promossa da Rose-Mary Amadori. E’ stata sicuramente un esempio per le varie generazioni.

L’importanza delle fonti come archivi, biblioteche, con strumenti informatici sempre più sofisticati per l’accesso più facilitato e immediato alle informazioni, può attirare i giovani?

Gorman compie un percorso analogo a quello di Italo Calvino in Lezioni americane, pubblicato postumo nel 1988: offrire al lettore una riflessione per orientarsi nelle trasformazioni sociali in corso, richiamandolo ad alcuni valori essenziali. Calvino individua: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità, Coerenza. Gorman propone: Capacità di gestione, Servizio, Libertà intellettuale, Razionalità, Alfabetizzazione e apprendimento, Equità d’accesso alla conoscenza e all’informazione, Privacy, Democrazia, Bene superiore. Questi valori della biblioteca sono legati alla collaborazione con una vasta gamma di istituzioni culturali che si occupano di organizzare, conservare e trasmettere ai posteri la conoscenza registrata. La Capacità di gestione consiste nella preservazione per le future generazioni della conoscenza umana, del patrimonio culturale, in quanto bene comune, ovvero quell’insieme di valori che «confortano i più deboli e difendono le minoranze in un mondo in cui le ragioni del profitto regnano praticamente incontrastate». La Libertà intellettuale è il valore secondo cui in una società libera tutti devono avere il diritto di leggere ciò che vogliono senza alcun tipo di censura. Difendere questa libertà è un compito estremamente complesso di cui i bibliotecari devono assumersi la responsabilità, favorendo l’espressione delle minoranze e garantendo a chiunque l’accesso ai programmi e ai servizi della biblioteca. Equità è un concetto di promozione attiva delle condizioni di partenza per il superamento delle disuguaglianze e perché sia reale l’esercizio della sovranità dei cittadini, di cittadini informati e consapevoli. Equità è dare alle persone le stesse possibilità. Ciò viene affermato con chiarezza nell’articolo 3 della Costituzione italiana: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il valore richiama la grande lezione di testimonianza, ancora attuale, di don Lorenzo Milani in Lettera a una professoressa del 1967: ciascuno ha la sua storia e ciascun studente deve avere un giudizio contestualizzato. Il priore sosteneva il diritto a essere uguali, la necessaria pari dignità; al tempo stesso, rivendicava il diritto/dovere all’affermazione di sovranità da parte dei cittadini (ragazzi e adulti) e puntava alla rimozione concreta degli ostacoli sociali e culturali. Non casualmente, nella sua scuola di Barbiana la biblioteca era un supporto decisivo per il suo insegnamento basato sulla conoscenza e la risoluzione diretta dei problemi. È lo stesso concetto che esprimono due tra i più grandi bibliotecari di ogni tempo. Il primo è Antonio Panizzi, nato a Brescello (Reggio Emilia) nel 1797, patriota, fuggito a Londra, poi fondatore della British Library; egli scriveva: Io voglio che uno studente povero abbia le stesse possibilità di soddisfare i propri interessi di studio

Una ulteriore riflessione di Ester Basile:

L’uomo si rapporta a se stesso e al mondo seguendo un principio di etica che si configura come esercizio originario del sapere. Lo dimostra Anna Foa, come hanno fatto storiche e politiche del calibro della Sen. Giglia Tedesco Tatò mia cara amica della quale per il Senato ho raccolto i Discorsi parlamentari.

E’ questa la nostra percorribilità fra l’inizio ed il tutto. La razionalità non indica nulla a proposito dei principi, la sapienza è concessa infatti solo a chi ha sofferto un dolore e testimonia la scissione degli opposti, la contraddizione del reale.

Nell’epoca degli dèi ormai fuggiti, la vicenda umana ha bisogno di ancorarsi all’etica. Ha bisogno di una collettività. L’Essere non si esaurisce nella manifestazione dei singoli enti, e solo in questo senso esso è sublime, ma non abita in una trascendenza fuori della storia.

Forse nell’opera umana e nella sua etica esiste la vera passione e solo così l’uomo e la donna potranno raggiungere la via del sapere. La vita dell’individuo è attiva per cui la filosofia non è solo la capacità di conoscere e di sapere, ma anche di agire ed operare.

Passione e teoria ottengono l’effetto di innalzarsi al di sopra della duplicità insita nel reale. E’ solo in funzione della sua esistenza che l’uomo realizza la sua vita quotidiana, radicata in precise situazioni storiche, la cui realtà non si rivela tramite una riflessione, ma nella necessità di decidere.

Il reale è quindi un compito che va sempre adeguato. L’esperienza comprende una totalità: esperienza della storia, dell’oggettivo, del poetico, del fondamento, dell’essere.

 

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