Armando Diaz – Il generale e l'uomo
Sabato 19 novembre 2022 si svolgerà un convegno, organizzato dall’Associazione storico-culturale “Progetto Centola” e dal Gruppo “Mingardo/Lambro/Cultura”, per presentare il libro di Raffaele Riccio: “Armando Diaz. Il generale e l’uomo”, con interventi di Antonella Cosentino, Rita Gravina, Franco Russo, oltre che dell’autore Raffaele Riccio. Moderatore Ezio Martuscelli.
(iniziativa online: meet.google.com/ohg-aqhq-wco)
di Pasquale Martucci
Proveniente da una famiglia di militari e magistrati, Armando Diaz, nato a Napoli il 5 dicembre 1861, fu presto indirizzato alla carriera militare. Dal 1879 fino al primo conflitto mondiale, attraversò tutte le fasi della carriera militare: occupò le sedi di Torino, Caserta, Foligno, La Spezia, il Comando del Corpo di Stato Maggiore. Nel 1912 fu destinato in Libia, dove si distinse in battaglia. Ferito fu rimpatriato con la croce di ufficiale dell’Ordine militare di Savoia. La sua carriera lo portò ad essere, nel 1914, generale addetto al comando del corpo di stato maggiore; nel 1915 era secondo solo al generale Cadorna.
Aveva una statura non troppo alta, capelli tagliati a spazzola e baffi enormi; elegante e buon conversatore, conoscitore del francese. Fece funzionare bene i servizi interni e rivelò doti di diplomatico, destreggiandosi con uomini politici ed addetti militari.
Chiese di andare al fronte e il 27 giugno 1916 divenne comandante della 49a divisione di fanteria, come tenente generale. Le sue azioni militari si svolsero sul Carso; guidò le truppe fino alla conquista dell’altura di San Grado di Menna. Ebbe la fiducia dei suoi soldati, ricambiata. Ebbe la croce di commendatore dell’Ordine militare di Savoia e una medaglia d’argento direttamente dal duca d’Aosta. L’8 novembre 1917 fu nominato capo di stato maggiore dell’esercito, dopo la disfatta di Caporetto e la ritirata del generale Cadorna.
Le vicende successive alla guerra gli permisero di continuare con cariche di prestigio nell’esercito e con missioni diplomatiche. Non prese però mai parte alle lotte politiche dei primi anni venti, né appoggiò all’inizio il fascismo, anche se in seguito fu ministro della guerra del primo governo Mussolini. Nel gennaio del 1923, avviò con alterne fortune, il riordino dell’esercito, anche se dovette accettare la presenza della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, il prezzo da pagare al fascismo. Nel 1924 decise di interrompere la sua esperienza di governo. Continuò ad esercitare incarichi importanti presso la Commissione di difesa. Il 4 novembre 1924 fu nominato maresciallo d’Italia. Morì il 29 febbraio 1928.
La storiografia non si è molto soffermata su questa figura, denominata il Duca della Vittoria, che fu in ambito bellico determinante per la battaglia sul Grappa e sul Piave, per la riorganizzazione dell’esercito e l’offensiva di Vittorio Veneto.
Uno dei meriti certamente a lui ascrivibili fu di aver saputo valorizzare i suoi collaboratori, delegando a loro compiti esecutivi, di preparazione e controllo, riservandosi la decisione finale, soprattutto nelle emergenze. Fu insomma capace di affrontare la complessità della guerra, appoggiandosi ad un lavoro collettivo dell’intero stato maggiore, senza ostentazioni personalistiche. Un altro merito fu aver speso molto tempo nella cura dei suoi soldati, assicurando loro vitto, turni di riposo, un maggior rispetto della vita e della salute.
L’assenza di una storiografia su Diaz è dovuta forse al fatto che non fu un personaggio famoso e pubblicizzato, ma esercitò con pazienza e realtà il suo ruolo, raggiungendo il successo con intelligenza. Si potrebbero sollevare alcuni rilievi critici sulla sua lealtà a Mussolini, anche se la risposta più facile potrebbe essere che in tutta la sua vita fu solo un fedele servitore dello Stato.