Presa a calci la legalità
di Luciano Scateni
Il beneamato calcio, passione globalizzata, con emergenti a sorpresa che umiliano le big coronate, non solo della culla dove è nato e ha dominato lo scenario, fa di tutto per disamorare chi lo ama. Esaurito il processo allo scandalo FIFA che il Qatar ha indotto a suon di milioni e di favori collaterali, assunzioni clientelari, investimenti in club prestigiosi del Vecchio Continente, in interferenze ‘pro domo sua’ della torta ‘diritti’ televisivi, eccetera, eccetera, lo sport dominante ogni altro non lesina occasioni di sdegno e senza andare lontano propone gli illeciti di club italiani dal nobile passato, non solo sportivo, i falsi in bilancio di pari e maggiore gravità oggetto di processi giudiziari in altri settori dell’imprenditoria fuori legge.
Lascia basiti il tonfo della Juventus-Fiat nel baratro dell’illegalità. I dettagli dello scandalo sono complessi, da dipanare giuridicamente: un coacervo ingarbugliato di errori in mala fede, omissioni, brogli, che neppure il più sfrontato degli evasori avrebbe architettato per frodare la legge. Di qui, i rinvii a giudizio di Agnelli e altri undici (Procura di Torino), le indagini della Uefa, della Consob, il rischio correlato di retrocessione della squadra nelle serie inferiori del campionato italiano, l’esclusione dalle coppe, la freccia in basso delle quotazioni in borsa, l’amara delusione di milioni di tifosi juventini di tutto il mondo e la caduta nel precipizio della sfiducia di chi ama il calcio. L’accusa: plusvalenze per 155 milioni, falsi in bilancio.
Sconcerta l’arrampicarsi sugli specchi di irriducibili difensori del club bianconero (più nero che bianco), per esempio di Abodi, ministro meloniano dello sport: “Non solo Juve. È in buona compagnia (no, cattiva, ndr)”. Che dire, come se un ladro sorpreso a rubare, peer giustificarsi dicesse “È vero, ho rubato ma sono solo uno dei tanti”.
Sotto esame altre società blasonate e non pochi club in ‘rapporti di collaborazione con la Juventus: Sampdoria, Atalanta, Sassuolo, Empoli, Udinese, Grosseto, Parma, Monza, Cosenza, Pescara, Genoa, Lugano, Basilea, Marsiglia, Sion.
C’entra poco, o forse molto. Il mondiale degli scandali ha finora raccontato la fragilità di una quota non marginale delle potenze calcistiche, che hanno subito sonore lezioni dalle emergenti di altri continenti (Africa, Asia). Al gioco di infiniti tocchetti a centro campo, di noiosi retropassaggi, squadre giudicate inferiori hanno opposto velocità, spregiudicatezza offensiva, condizioni atletiche superiori. Non sono risultati anomali Giappone-Germania 2 a 1, Marocco-Belgio 2 a 0.
Che dire della sospetta sequenza della Spagna che umilia con un impressionante 7 a 0 il Costa Rica, che batte per 1 a 0 il Giappone, che batte (!!!) la Spagna per 1 a 0? Tutto regolare o una furbata degli iberici per evitare nei successivi ottavi Brasile e Croazia?
In due parole: il calcio è la frazione malata di un sistema mondiale che nei secoli dei secoli ha esteso capillarmente il primato dell’illegalità, che sia la piovra delle mafie, la pratica senza limiti della corruzione, le speculazioni che arricchiscono i guerrafondai, la crescente divaricazione ricchezza-povertà.