R-ESISTO storie di donne tra paura e coraggio
Di Rita Felerico
Il dolore si sentiva palpitare, raccontato con grande emozione, narrato come se le parole, descrivendo con puntuale efficacia, potessero allontanare le immagini che evocavano, come se la meraviglia di tutto quel male e di tutta quella violenza potesse essere vissuta come frutto di fantasia / noir o peggio, quando a volte si superava il limite di ogni possibile male.
Parlo di R-ESISTO, storie di donne tra paura e coraggio, uno spettacolo che le donne della Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli hanno messo in scena, venerdì 24 novembre 2023, per partecipare alla giornata contro la violenza. Sul palcoscenico del Teatro, un meraviglioso cubo magico chiuso fra le mura del Carcere, grazie al lavoro del Laboratorio teatrale TeatroDentro, della Scuola CPIA Napoli Provincia1, e al Corso di Danza, attività che si svolgono all’interno del penitenziario, pochi fortunati spettatori hanno assistito ad un evento che va oltre la messa in scena di un testo.
Le storie sono vere, la maggior parte scritte dalle donne protagoniste di quelle stesse storie, altre appartengono ad altre donne non lì presenti, ma sono state rivissute e condivise dalla lettura; sono storie ineluttabilmente vissute – si legge nel programma, – autobiografiche, cariche di quel dolore che grida per essere rielaborato, perché quelle donne ricercano se stesse, ricercano la loro dignità calpestata dalla violenza del non rispetto.
Ci vuole grande coraggio da parte di queste donne per scegliere di svelarsi e mostrarsi nelle fragilità, per confessare il vero sé, superando la paura di un giudizio, e provare a lanciare parole in grado di mettere in moto piccoli passi in direzione del riconoscimento e della dignità.
Un percorso non facile, irto di ostacoli, di impedimenti non solo esterni alla persona, ma saldamente ancorati alle esistenze, alle più intime sensazioni ed emozioni. Pensavo mentre assistevo allo spettacolo, all’intricato intreccio che esiste fra noi e gli spazi che viviamo, spazi intesi come luoghi dove nascono e si estendono le relazioni, che incarnano anche il rischio delle soffocanti limitazioni che siamo costretti e subire.
Ancora una volta viene fuori un mondo femminile imprigionato nella violenza e nell’assoggettamento all’altro sociale o familiare, esistenze che non possono escludere la dipendenza sul cammino di un faticoso percorso di autonomia che le sleghi dall’appartenenza imposta, dalla cura pedissequa e obbligatoria dell’altro, dalla sottomissione. Queste storie così raccontate sono come un piccolo seme di liberazione che le rende protagoniste di una scelta consapevole, autonoma dal corso del potere di un destino che le vuole connesse solo con determinate realtà.
Non affatto amatoriale, la pagina di teatro, che ci hanno donato le donne del carcere puteolano, è stata arricchita dalla scelta di brani musicali aderenti alle atmosfere disegnate, curati da Angela Cicala, da testi di canzoni note, dalle sculture di Rabarama, dai movimenti di danza diretti dalle Maestre Alice Monti e Mariangela Rusciano. Un merito va alla collaborazione fra la Dirigente Scolastica F. Napolitano e alle dr.sse Palma, Intilla, Grieco, al Comandante, alle ispettrici e alle agenti di PP collaborazione che ha superato tutti gli intoppi burocratici. Il successo è stato sottolineato dalla presenza del Vescovo di Pozzuoli, dell’Assessore alla Cultura del Comune di Pozzuoli, dal Soprintendente Scolastico.
Ma il plauso più grande va alle docenti Fausta Apa, O. Caccavale, Angela Cicala, M. D’Emilio, T. Lucignano, F. Minale e P. Schiavone, le quali hanno compiuto un piccolo miracolo che fa ancora credere nell’amore verso il proprio lavoro, che traspare dall’impegno nel voler rispettare e coniugare il loro ruolo professionale, il ruolo istituzionale del luogo dove operano e il valore del teatro come strumento di educazione e formazione.
Un insegnamento, un risultato di alto valore sociale che deve essere maggiormente conosciuto e ripetuto, diffuso con gli stessi intenti per osservare e vivere il carcere come luogo non solo di pena ma di attraversamento della pena, tramite attività che siano suggerimenti e incitamenti per la scelta di un percorso di cambiamento. Il carcere non è lontano da noi, appare più vicino che mai alla nostra vita e le storie di queste donne lo suggeriscono, ci sussurrano di guardare più in là dei nostri orizzonti, di comprendere le diversità, per meglio inserirci nella vita e prestare ascolto all’altro, al suo dolore e richiamo di aiuto.
Il teatro è senza dubbio lo specchio di tutto questo e il palcoscenico, le travi sulle quali camminare con libertà, per riconoscersi e riconoscere. R-esisto, appunto.
Ringrazio per questo prezioso invito e ancora un sentito BRAVISSIME alle protagoniste e alle loro docenti.