ECCO, LA MUSICA È FINITA, GLI AMICI SE NE VANNO…

               ECCO, LA MUSICA È FINITA, GLI AMICI SE NE VANNO…

                                            Di Luciano Scateni

Vincere il Sanremo delle canzoni, per chi ha la meglio a fine gara, equivale in soldoni al primo premio della Lotteria Italia e oltre, perché il successo moltiplica nel tempo i vantaggi immediati, con la vendita dei dvd, i concerti, la visibilità televisiva, l’accoglienza promozionale delle radio, i like dei social, il picco in crescendo dei followers. Ma come vincere il festival? Con una canzone da festival orecchiabile, una frase musicale ad effetto, ripetuta più volte, parole di facile presa, un finale strappa applausi a voce spiegata e abile gorgheggio finale, con un alto indice di gradimento dell’interprete e un efficiente ufficio stampa. Ma basta? L’immancabile strascico polemico, immutato rituale del day after, racconta altro, il sospetto sulla regolarità del televoto, ovvero delle preferenze comunicate telefonicamente. Una valanga di proteste nasce dall’impossibilità di esprimere il voto a causa delle linee occupate in permanenza. La ragione più buonista addebita la debacle alla quantità di richieste che hanno saturato la ricezione dei messaggi, la più giustizialista suppone che le case discografiche con maggiori disponibilità finanziarie possano aver promosso a proprie spese una sconfinata rete di teleutenti disposti a votare per il loro cantante, fino a intasare la ricettività telefonica. Della questione si occupa l’associazione dei consumatori che paventa perfino la possibilità di annullare l’esito del voto. Vero o falso, incombe un dubbio gigantesco sul sistema televoto: è stato truffato chi ha telefonato a pagamento senza ricevere la conferma del voto espresso?  Qualche altra domanda: il testo di ‘Mariposa’, la canzone più coerente con la natura della rassegna nazionale del festival, è stata premiata per il miglior testo; l’interpretazione di Fiorella Mannoia un vero capolavoro, la musica impeccabile, elegante supporto delle parole, ma al traguardo della finale solo la quindicesima posizione. Nella serata conclusiva di Sanremo parole in libertà per tutti: saluti a casa, il grazie alla Rai, ad  Amadeus, ai direttori dell’orchestra, pretesti  di ogni tipo per rimanere qualche minuto in più sul palco, dediche a personaggi che non ci sono più, appelli per la pace,  contro la violenza e ogni discrimine, commossa solidarietà per le vittime delle guerre e specialmente per i bambini uccisi dalle bombe (Ghali: “Stop al genocidio” denuncia contestata dall’ambasciatore israeliano), il compromesso Rai di un comunicato aziendale a favore dei contadini, le strambe e poco felici partecipazioni di due miti del cinema quali sono Russel Crowe e John Travolta, l’arzigogolato alterarsi di co-conduttori, le gonne delle cantanti aperte quanto è bastato a  mostrare la parte alta delle gambe guarnite di audaci giarrettiere, i petti nudi dei maschi, istoriati con fantasiosi tatuaggi,  gli occhi lucidi e la voce tremante di vecchie glorie del passato canoro, la consacrazione ‘familista’ del rampollo di Amadeus, per proporlo come erede del famoso papà, che in tandem con il mitico Fiorello, brillante animatore della rassegna canora, ha codificato il proprio the end della direzione del Festival e quello del brillante animatore delle cinque giornate del Sanremo. Nota a margine. Mediaset, per tentare di fermare l’emorragia di ascolti, ha sconvolto la programmazione per coprire gli spazi del Festival e in concomitanza ha trasmesso’ puntatone di “Terra Amara” telenovela di grande successo. Il meglio di Sanremo numero 74? Le performance di Mengoni e Giorgia, la piacevole leggerezza di Fiorello, il capolavoro “L’uomo nel lampo” di Massini e Paolo Jannacci di denuncia delle morti ‘bianche’, il monologo di Allevi, il “Bella ciao” nell’anteprima del Festival di Amadeus e Mengoni.  

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