Sociologia delle relazioni tra individui biologici
Animale umano e animale non umano 1
di Nora Lonardi
Né buona né cattiva: la natura è ciò che è.
Affrontare il rapporto fra uomo e animale, definito anche come rapporto fra animale umano e animale non umano, significa addentrarsi in temi più complessi di quanto non possa apparire. Molte sono le discipline e le scuole di pensiero che si sono poste e continuano a porsi interrogativi al riguardo. Il problema di fondo nasce dalla difficoltà di dare una definizione compiuta di cosa è umano e cosa è animale, e delineare una distinzione precisa.
Secondo la Scuola di Francoforte “L’idea dell’uomo, nella storia europea, trova espressione nella distinzione dall’animale. Con l’irragionevolezza dell’animale si dimostra la dignità dell’uomo†(T.W Adorno, M. Horkheimer). I due autori, e altri con loro, si pongono in termini critici verso questa idea e buona parte della letteratura sul tema (in particolare Jaques Derrida e la sua opera dissertativa “L’animale che dunque sonoâ€) pone grandi dubbi e interrogativi su questo complesso e spesso indefinibile rapporto, a partire dalla distinzione basata su logos, ragione, coscienza ecc. Senza entrare ovviamente in dettagli filosofici, la questione rimanda all’antico e sempre attuale dualismo fra natura e cultura, che poi dualismo a ben vedere non è. Lo sviluppo dell’intelligenza e della conoscenza umana, in termini storici e antropologici, ha via via affermato questa opposizione fra natura e cultura.
L’essere umano ha cercato di avere la meglio sulla natura e sui pericoli che ne derivano attraverso il controllo e il dominio, a partire dalle prime società stanziali basate sull’agricoltura e l’allevamento; anche, è vero, come strategia di sostentamento e di sopravvivenza. Di fatto la cultura europea in particolare si è sviluppata nel tempo come cultura del dominio: sulla natura, sugli animali, e anche su altri esseri umani e popolazioni intere (colonialismo e tutto ciò che ne segue). Il fondamento di questa affermazione di potere nasce da una presunta superiorità rispetto a ciò che è, o si ritiene che sia, “altro da sèâ€, altro che assume forme e sembianze diverse a seconda dei momenti storici o della situazione contingente, e sul quale si esercita il controllo/possesso per la salvaguardia dei propri interessi/privilegi e il perseguimento dei propri fini. Di fatto, come ben sappiamo, l’essere umano è l’unico animale senziente che aggredisce, sottomette e uccide per motivi diversi e non sempre legati all’autodifesa o alla sopravvivenza, il che è proprio invece degli animali non umani. Per questo ciò che sfugge al dominio o al potere di controllo è motivo di apprensione e di paura.
In realtà l’uomo continua a temere la natura, e con ragione, perché la natura, di cui esso è parte integrante, rappresenta il limite stesso del dominio dell’uomo, la sua “nudità †e la sua stessa incompiutezza. La natura può distruggere e uccidere: con un uragano, un terremoto, un microrganismo chiamato virus che arriva a sconvolgere l’intero pianeta nelle sue fondamenta vitali. Nonostante i grandi traguardi scientifici raggiunti e ancora raggiungibili, è difficile pensare di poter impedire che tutto ciò accada, si potrà solo affrontarne gli effetti. L’umano teme anche gli animali non umani, non quelli di affezione che anzi tende a umanizzare, ma i grandi predatori che possono, in determinate condizioni e per i motivi di cui sopra, aggredire greggi, altri animali e l’uomo stesso. Tuttavia sappiamo bene che non possiamo sopprimere volontariamente la natura perché ciò significherebbe sopprimere l’umanità , per quanto di fatto lo si stia già facendo con lo sfruttamento delle risorse e gli sconvolgimenti ambientali e climatici. Ma anche sopprimere l’animale, senza un pericolo immediato, o maltrattarlo, è un’azione, appunto, contro natura, e alla fine contro l’umanità .
Possiamo giustificare in mille modi (non certo l’abbattimento inutile e il maltrattamento, sempre ingiustificabili), comportamenti come il nutrirci di carne, la caccia o la pesca. Ma rimangono appunto delle giustificazioni rispetto a ciò che di fatto non è una necessità . È stato detto che l’animale in termini evoluzionistici è il tramite, il mediatore fra la natura e l’essere umano. L’istinto della difesa verso se stessi e verso la prole è lo stesso, così come quello di sopravvivenza, e sono innati; l’uomo possiede le armi, l’animale ha soltanto la propria fisicità . La natura e il mondo animale non sono né buoni né cattivi; sono ciò che sono e ci ricordano che noi stessi siamo natura e siamo animali, seppure “evolutiâ€, fino ad un certo punto. Tutto ciò che stiamo vivendo in questi giorni, anche nella nostra piccola isola non più tanto felice, dovrebbe quanto meno servire a comprendere la necessità di un cambiamento concettuale e fattuale rispetto alla presunta superiorità della razza umana (e da molti attribuito non a tutta l’umanità per altro), alla costruzione di nuovi paradigmi di pensiero e al rapporto uomo – natura, intesa nella sua straordinaria e mutevole molteplicità . Ciò non significa rinunciare al progresso, bensì al contrario pensare ad un progresso e a uno sviluppo scientifico che si realizzino ed evolvano senza esercitare la volontà di dominio sul mondo naturale/animale, nonché dell’uomo sull’uomo, affermando al contrario la nostra capacità di empatia, di rispetto e di riconoscimento dell’altro da sé come parte di sé. Utopia? Forse. Ma senza questo cambiamento è difficile immaginare un futuro.
1 Pubblicato per gentile concessione dell’Autrice e del Direttore di NOSmagazine, Sandro de Manincor