Intervista esclusiva all’artista pugliese Irene Petrafesa
a cura del sociologo e critico d’arte Maurizio Vitiello.
E’ difficile concretizzare opere in diverse discipline, oggi?
Oggi è molto diffuso come sistema, forse troppo, io non ho questa necessità.
Dipingo, usando terre, pastelli su grandi tele, cercando di esternare le emozioni che sono dentro di me.
Credo che al di là dei medium differenti usati, l’opera d’arte per essere tale deve comunicare un’emozione anche quando è provocatoria o irriverente.
Vuoi trasferirti a Parigi, Londra o NY?
Ritengo non necessario trasferirsi in una di queste grandi città per fare arte, a meno che non si voglia rincorrere il successo o la notorietà a tutti i costi e, certamente, queste città offrono più possibilità di riuscita.
Ma per me le “radici” sono importanti, i toni e le atmosfere dei miei lavori traggono origine proprio da lì e questo mi mancherebbe vivendo altrove.
Spostarsi, esporre all’estero oltre che in Italia è importante, anche per acquisire una apertura mentale e uno scambio culturale, come ho fatto nella personale “Into the blue” nella A&D Gallery di Londra, dove ho presentato i miei ultimi lavori ispirati proprio alle atmosfere del nostro territorio.
“Il blu” come acqua, soffio, vento, cielo, mare, come memoria del mondo.
Quali progetti vorresti sviluppare nel 2024 e dove e con chi?
Ho appena concluso due personali, in una delle quali – Museo Nuova Era a Bari, a cura di Rosemarie Sansonetti – ho presentato quella che è una bozza del progetto che da un po’ di tempo è al centro dei miei pensieri.
Mi piacerebbe realizzare una “Blue room”, un luogo buio dove grandi tele modellate su tonalità diverse di azzurro, insieme a sonorità naturali, facciano modificare la percezione dello spazio, dilatandolo ed estendendolo creando, così, un senso di straniamento in chi guarda, ma anche una grande emozione.
Sul dove e con chi non posso ancora rispondere, vedremo ….
La stampa ti ha seguito, ultimamente?
I social hanno soppiantato la stampa e anche se non sono molto social, ho dovuto farne parte, devo dire con discreto successo.
Hai partecipato a fiere d’arte?
Dipingo da sempre e quando mi sono decisa a esporre i miei lavori – in precedenza ritenevo il mio dipingere un fatto intimo, personale – ho utilizzato le Fiere che ho trovato per lo più indirizzate al commerciale che a me non interessa, e ho smesso di parteciparvi.
Fare arte per me è una necessità che mi fa stare bene, ma anche male, ma che soddisfa il mio bisogno di esprimermi.
Credi che l’arte andrà avanti su altri canoni e codici?
Probabilmente si, l’evoluzione, il cambiamento sono inevitabili, tutto muta e si trasforma nel corso del tempo, ma credo che insieme all’arte povera, concettuale, digitale, etc. etc. … , ci sarà sempre la pittura e scultura più tradizionale e per quello che mi riguarda il “colore”, con cui creo e da forza alle mie emozioni.
Attualmente, il mercato dell’arte è florido?
Credo che un gallerista o un curatore, possano rispondere meglio a questa domanda, a me lascia indifferente sapere le condizioni del mercato dell’arte.
Perché l’arte va avanti, nonostante alti livelli epidemici e stati di guerra?
L’arte non morirà mai.
E’ l’essenza di chi è un vero artista.
E’ il mezzo per poter arrivare nell’animo della gente, creando emozioni, ma anche scuotendo le loro coscienze, a maggior ragione durante periodi bellici o epidemici.
Vedi la tua città nel contesto attendibile del circuito dell’arte contemporanea?
Attualmente no, mancano contenitori, curatori, gallerie.
Ho speranza che in futuro, grazie all’attuale amministrazione, nella persona del sindaco Giovanna Bruno, le cose possano cambiare, giacché è in atto un grande progetto circa la valorizzazione e ristrutturazione del “Palazzo Ducale”, un palazzo d’epoca, trascurato per anni, e destinato, secondo il progetto a divenire un grande e importante contenitore culturale di arte contemporanea.
A parte il festival Castel dei mondi, che ogni anno da spazio a un evento di arte contemporanea, non c’è null’altro.
Il tuo prossimo obbiettivo espositivo?
Quello più vicino a settembre prossimo, esporre l’opera “Mare nostro” nella Biblioteca Comunale “G. Bovio” di Trani a cura dell’ordine degli Architetti della provincia BAT, nella persona dell’Arch. Francesca Onesti, sempre sensibile e attenta a tutte le forme d’arte.
La cura è della Prof. Mariangela Canale, storico dell’arte, nell’ambito del grande evento culturale “Dialoghi di Trani” che si tiene ogni anno.
Dal 19 al 22 settembre, sarà possibile vedere l’opera.
Mi è sembrato doveroso partecipare all’edizione di quest’anno, visto che i miei lavori sono spesso, e non solo, ispirati all’esodo di popolazioni, che migrano per ragioni politiche, religiose, belliche e che è doveroso accogliere, appunto il tema di quest’anno “L’accoglienza”.
E quale opera può meglio rappresentarla se non una grande campitura azzurra che ci riporta all’est, ovest, paura, vita e morte, ma anche tanta speranza per un futuro migliore quale è “Mare nostro”?