Meraviglie di un enclave andaluso
Lettera al prof-sindaco Manfredi
di Luciano Scateni
Non è Madrid. Non lo è per dimensione, importanza politica, culturale: Marbella, un tempo borgo marinaro di solerti pescatori, ha offerto agli spagnoli i il piacere di un mare balneabile per molte miglia di spiagge ben tenute e di quiete andalusa. In rapida progressione l’Europa e non solo il Vecchio Continente hanno scoperto questo gioiello a un’ora da Malaga – città che attrae turismo d’eccellenza – che diventa enclave ricercata da petrolieri arabi, uomini dell’alta finanza, nobiltà britannica, europei scandinavi e italiani in cerca di alternative alle Seichelles, all’affollatissima Capri.
Marbella ha cura maniaca di sé, tutela con impegno meticoloso i suoi mille comfort, ha l’aspetto di ‘esteso giardino’, concluso da Porto Banus affollato di velieri con alberi di venti metri, yatch reali, giganti del mare di stazza vicina alle navi, ma anche da barche alla portata di tanti. Il molo di attracco è la vetrina di un lussuoso campionario di Rolls Royce, Bentley, Lamborghini, Ferrari, pronte a ricevere, di ritorno dalla navigazione quotidiana, nababbi dell’alta finanza e della nobiltà inglese, emiri, oligarchi russi, star dello spettacolo e dello sport, giovani fanciulle e giovanotti di bell’aspetto a caccia di avventure, di compagne e compagni per un’estate trasgressiva. Il circuito stradale prossimo alla banchina è una vetrina permanente dell’alta moda, soprattutto del made in Italy e metro dopo metro offre un’ininterrotta scelta di ristoranti stellati, pizzerie, bar, gelaterie.
La collina retrostante, dominata dal monte Concia, è una rassegna con valore didattico del come sia possibile ottimizzare luoghi baciati dalla fortuna con criteri di architettura d’autore, nel rigoroso rispetto della natura, del razionale buon vivere. La cura per il verde, la scorrevolezza del traffico, i grandi spazi del golf, la perfezione dei servizi urbani, confluiscono nell’idea di abitare un’oasi paradisiaca. Chilometri infiniti di spiagge non conoscono limitazioni d’accesso: semplicemente non esistono convenzioni restrittive con i privati, limitazioni per chiunque di usufruire del mare.
Gaspacho, paella, una ‘copa de sangria tinta’ sono gli inviti obbligati della cucina andalusa, da gustare attorno alla piscina di Grand Hotel a 5 stelle, o ai tavoli di ‘Aurora’ sulla spiaggia in prosecuzione sud di Porto Banus e il conto non è sala to ne qui, ne là. Chiaro perché la Spagna in pochi anni è diventata una delle regine del turismo internazionale? L’elogio di questo lungimirante Paese è forse uno spot pubblicitario? In un certo senso sì, ma lecito se contrapposto alla pigrizia istituzionale e dei privati di gran parte del nostro Paese, incapace, con poche eccezioni, di accogliere al meglio il turismo internazionale, ben oltre l’offerta del suo patrimonio unico di bellezze naturali, di arte e cultura, di ricchezza archeologica.
Napoli, nell’estate torrida alle nostre spalle e in questo avvio di autunno ancora assolato, gode come mai era accaduto di presenze record di turisti, per nulla scoraggiati dai mille disagi: mobilità più che imperfetta, microcriminalità, del caos urbano. Per essere chiari: il mare di Marbella è cento volte di qualità inferiore al Tirreno. Quasi mai calmo e freddo per correnti che s’infilano nel Mediterraneo dal vicino stretto di Gibilterra, perciò imparagonabile al caldo azzurro del Tirreno napoletano. Ma compensa il gap la qualità complessiva dell’offerta. Marbella racconta di una sua strategia esemplare dell’accoglienza, da importare in gran parte nell’Italia turistica, sicuramente a Napoli, che in questi giorni annuncia il sold out di alberghi e ristoranti, favorito dal torneo internazionale di tennis, ospite dell’arena stadium, che sul lungomare esibisce la location più bella del mondo, con la maestosità del Vesuvio alla sua sinistra e di fronte il sinuoso profilo di Capri. Spettacolo da non deludere.