PREZIOSE COSTELLAZIONI TRA SOCIOLOGIA E POESIA

PREZIOSE COSTELLAZIONI TRA SOCIOLOGIA E POESIA

di Antonio Spagnuolo*

Potenzialmente il sociologo, lo scienziato sociale, colui che si dedica a una ricerca specifica e che studia i fatti sociali nelle loro proprie caratteristiche, costanti o nel loro progredire tra i rapporti intercorrenti tra l’ambiente e le proiezioni mentali degli individui, condizionate da fattori sociali e culturali, può e deve essere uno scrittore.

Emerson ebbe a dire: “La società è come un’onda. L’onda si muove in avanti, ma resta immobile la quantità d’acqua di cui essa è composta. La stessa particella non si innalza dal fondo sino alla cima. La sua unità e solo fenomenica.” Forse intendendo che se le particelle delle esperienze personali divenivano dispersive lo sviluppo sociale sotteso diveniva antidoto della disgregazione per realizzare quella macrostruttura che diventa sostegno dell’evoluzione della società stessa.

Un tema che va consolidato è quello del rapporto tra scrittura filosofica e quella letteraria i cui confini si confondono tra la esplicitazione dell’idea del sociologo e quello sforzo dello scrivere che è nello stesso tempo un’espressione fondamentale del nostro essere umani, che ci accomuna a tutti i soggetti scriventi.

La poesia, proiettata come baluardo di un sussurro che diventa improvvisamente urlo, è come il trapano che insiste tra le circonvoluzioni cerebrali per esplicitare le personalissime carature culturali del soggetto. Ogni individuo allora rappresenta l’ovvietà, la realtà dell’immediatamente osservabile, per quella quotidianità che tutti noi conosciamo come apparenza superficiale del tutto.

Esiste una sociologia della poesia? Un rapido excursus sembra negarlo, almeno sino a qualche anno addietro. Così come resta sospesa la domanda se esiste anche una sociologia dell’intellettuale poeta. Fatto sta che almeno a me personalmente non risulta una messa a tema di una sociologia della poesia. La poesia è oltretutto un vero e proprio bene culturale e come tale va trattata. Segnatamente essa costituisce un apparato simbolico che deve essere debitamente interpretato, decriptato, per il carattere allusivo, ermetico in certi aspetti della singolare produzione poetica. La contestualizzazione e la conoscenza della biografia di ogni singolo autore aiutano molto nell’operazione ermeneutica. Semplice atto di decodifica per rendere accessibile il patrimonio intellettuale, molte volte non agevole, ma raggiungibile meta di una lettura almeno plausibile ove si toccano vertici facilmente attingibili.

Le diverse letture del prodotto letterario, e in particolare della poesia, attraversano vari secoli mediante mescolanze ricche di umori, di temperie psicologiche, di occasione di dibattiti e di confronti con il quotidiano. La forza del militante che guarda alla vita con attenzione o con cinismo, spesso pari a sufficienza, ma sempre attento al riscontro delle occasioni, diviene il substrato di una logica fondamentale e perspicace, del pensiero e dell’azione, ampiamente ammessa all’organizzazione sociale.

Bene. I cambiamenti epocali nella società cambiano inevitabilmente anche un determinato uso della nostra lingua, il semplice modo di esprimersi che è strettamente legato al nostro habitat. Sembrerà un gioco da illusionista ma sfuggendo al mondo idilliaco ormai lontano dal presente il poeta per scappare da queste trasformazioni involontarie cerca di affondare nei suoi versi conferendo alla più stretta contemporaneità il profondo valore delle metafore, delle similitudini anche rovesciate, degli accostamenti, utilizzando come secondo metro di paragone non soltanto la natura che espande, ma gli oggetti tangibili.

Probabilmente, la scelta di una indipendenza assoluta personale crea il personaggio a tutto tondo, con norme rigide da rispettare, ove un soggetto prende posizione, non si arrampica agli specchi delle circonlocuzioni, dei distinguo, dei mascheramenti retorici e si rivolge al fruitore come avanguardia di un modo di pensare e di riflettere sulla realtà, prendendosi gioco a volte degli interessi e delle convenienze, delle lusinghe e dei giudizi.

Ogni epoca ha la sua fine della storia, da commentare o come esaltazione o come apocalisse e ciò dipende sempre dai punti di vista di chi interpreta, vuoi il peso della civiltà che sembra avviata continuamente verso il tramonto vuoi la sorpresa della civiltà che anela a un processo di sempre maggiore affermazione di civilizzazione trionfante.

Una sociologia applicata al contributo letterario del poeta difficilmente approda a una classificazione precisa e determinante, ma in strettissimi termini di critica io penso che potremmo ritrovare agganci significativi nella maggioranza degli scrittori, teoreticamente, politicamente, cronologicamente, impegnati nella stesura del dicibile.

Basterebbe accostarsi alla enunciazione di uno stato di allarme che alcuni anni orsono il poeta lombardo Guido Oldani avviò con la sua ipotesi di “realismo terminale”, sottolineando la sovrabbondanza demografica e oggettivistica del nostro tempo, e agitando diverse problematiche sociali di attualità, fra i temi etici e le sorprese progressive.

La costellazione che rende l’insieme un attraversamento reso discreto e vivacizzato da una proprietà comune a ciascuno dei poeti classici o contemporanei appare come una policromatica ripresa di tasselli impiegati a costruire movenze e momenti di soluzioni intellettuali altamente culturali.

Spiluccando tra le numerosissime pagine antologiche troviamo moltissimi autori che hanno incrociato il dettato sociologico.

Da Gabriele D’Annunzio, vero mostro della penna, che ha dimostrato le sue capacità creative in ogni atto della vita terrena, dal comportamento privato alle imprese comunitarie, all’impegno politico e sociale, alle poesie cariche di sospensioni. “Settembre andiamo è tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare.” A Giosuè Carducci, filologo e critico, che nella storia volle scorgere gli ideali di vita laica e repubblicana, la virtù dell’uomo che costruisce da solo, lontano da ogni superstizione, rivelando la degradazione borghese, e cantando con impegno indiscusso. “Oh bella ai suoi bei di Rocca Paolina/ co’ baluardi lunghi e sproni a sghembo.” A Pier Paolo Pasolini, impegnato in toto, e attivo nei programmi divulgativi.  Il 26 gennaio del 1947 scrisse sul quotidiano “Libertà” di Udine: «Noi, da parte nostra, siamo convinti che solo il comunismo attualmente sia in grado di fornire una nuova cultura “vera”, ( […] ) una cultura che sia moralità, interpretazione intera dell’esistenza». Dopo la guerra osservò le nuove esigenze di giustizia che erano nate nel rapporto tra il padrone e le varie categorie di diseredati e non ebbe dubbi sulla parte da cui voleva schierarsi. E che dire di Filippo Tommaso Marinetti? Poeta irrequieto e fulminante fonda il Partito Politico Futurista, che nel proprio programma contempla lo “svaticanamento dell’Italia” e il passaggio dalla monarchia alla repubblica (oltre alla distribuzione di terre ai combattenti, la lotta all’analfabetismo e il suffragio universale). Egli tenne a ribadire l’originalità del futurismo rispetto al fascismo, e redige diversi manifesti politici. Altra figura da ricordare è padre David Maria Turoldo, ritratto del frate “servita”, personalità, difficile da etichettare, che ha lasciato il segno nella Chiesa del suo tempo e che ancora oggi rappresenta una voce importante nel testo delle sue prediche e nelle poesie che ci regalano una risposta spirituale anche agli interrogativi del presente.

L’indagine intrapresa potrebbe continuare tra cronistoria e specchi da riflettere, attraverso la ricognizione di alcuni autori contemporanei che si distinguono per i loro componimenti poetici e le possibili interferenze nel sociale, ma la valanga di pubblicazioni che si rincorrono con un ritmo affannoso in questi anni lascia perplessi e mostra una notevole difficoltà di scelte. Oggi il lavoro oscuro di molti studiosi non lascia traccia sui social perché non è supportato da fruitori attivi e quasi mai giunge alla cronaca ufficiale. Molti operatori seminano e purtroppo vivono in una realtà mediatica che non lascia tracce storiche, basandosi sul principio del meno sappiamo più dominiamo l’improvvisazione.

Antonio Spagnuolo*

Nato nel 1931, poeta, tradotto in più lingue, e saggista; dirige in rete il sito Poetrydream dedicato alla poesia contemporanea

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